domenica 15 agosto 2021

Lettere tra due mari: quel dialogo tra gli oceani

Non esiste niente di più urgente oggi di comprendere la relazione tra uomo e natura, come non c’è nulla più necessario di una letteratura e una poesia capaci di spronare i lettori a interrogarsi sulle possibilità di questa relazione. Tra i libri più originali che si muovono in questa dimensione c’è Lettere tra due mari di Ranva Hjelm Jacobsen, pubblicato in Italia da Iperborea (traduzione di Maria Valeria D’Avino) con illustrazioni di Dotre Naomi. 

La scrittrice danese, già nota in Italia per il romanzo Isola ambientato nelle isole Fær Øer, luogo d’origine di parte della sua famiglia, prende il punto di vista di due mari, l’Atlantico e il Mediterraneo, decide di dar loro il sesso femminile e di farle dialogare attraverso una serie di lettere scritte con un linguaggio che mira a cercare un punto di intersezione tra prosa e poesia. 

Le protagoniste di breve libro da molti percepito come un “manifesto idro-femminista” sono due sorelle: Atlantica e Mediterranea. Atlantica è la maggiore, ha centottanta milioni di anni. È anziana e burbera anche se conserva ancora un po' di tenerezza e tanta saggezza. Mediterranea ha cinque milioni di anni. È giovane e sensibile e vive diversi subbugli emotivi. Mediterranea cerca conforto e si confida con Atlantica. In una delle prime lettere scrive: “È sempre più difficile, sorella. Non sono più io. Mi riempiono ogni giorno di cose estranee e inanimate, me le ficcano dentro. Sarà una forma di vendetta?”. 

Mediterranea soffre per la plastica e rifiuti inquinanti che vengono riversati nelle sue acque e non è serena neanche per il riscaldamento dei mari causato dai cambiamenti climatici. In un’altra lettera scrive: “Mi sento strana. Ho la fronte che scotta, il vestito mi si incolla addosso e sono colma di sogni irrequieti”. 

In un’altra ancora lamenta di essere stanca per via dell’estate e del traffico di uomini che lei chiama “creature”. 

“Le creature mi attraversano di continuo nei loro baccelli, troppe in un baccello solo. Le ascolto affondare a banchi” scrive e poi aggiunge: “Quando un baccello delle creature si spacca, ci rifletto. Le creature muoiono con una facilità sorprendente”. Qui il riferimento è alla migrazione e alla sofferenza degli uomini che affidano al mare le ultime speranze.  

“Quanto alle creature: sento il tuo dolore” risponde Atlantica alla giovane Mediterranea sconsolata che non riesce a non struggersi per il destino degli uomini, ma il suo è uno sguardo diverso sul mondo. È più distaccato, è disincantato. Lo dice chiaramente: “È da molto tempo che provo una profonda indifferenza per la vita sulla terra”. 

In comune i due mari, però, hanno un grande senso di nostalgia per le altre sorelle dalle quali sono state separate nel momento in cui la terra eruppe nel pianeta, quando era ancora “un’unica, felice distesa d’acqua”. E, insieme, Atlantica e Mediterranea hanno un piano: tornare a essere quell’immensa e pacifica distesa d’acqua. 

“Cara sorella, tra non molto, grandi foreste ricresceranno in noi, fitte e nere di nutrimento. Pensa questo. Pensa che saremo l’unico suono al mondo” scrive Atlantica. Ma Mediterranea è invasa da dubbi. Trova questa idea “desolata”. In fondo è affezionata alla Terra e alle “creature”. Addirittura ripensa a Icaro, il fanciullo che osò volare fino al sole e cadde in mare e che lei accolse e che ancora considera come un figlio. 

“Il ricordo di Icaro mi rende molto triste e confusa” scrive e fa sentire anche noi lettori spettatori dell’annegamento di Icaro e, al contempo, tutti coinvolti sull’avvenire della Terra, così come inondati da un’improvvisa consapevolezza dell’importanza degli oceani e soprattutto del nostro essere parte della natura. Ranva Hjelm Jacobsen sembra dirci che non abbiamo più scelta. Siamo messi alle strette. Ognuno di noi è obbligato a inventarsi un modo per relazionarsi con l’ambiente che ci circonda e a rispettarlo come dovrebbe essere per ogni rapporto d’amore. 

Il Mattino - 7 agosto 2021


Nessun commento:

Posta un commento