domenica 15 agosto 2021

L'oscuro fascino del faro nel libro di Jazmina Barrera

Il primo faro Jazmina Barrera l’ha visto in sogno. “Da bambina, quando non conoscevo ancora i fari, ne ho sognato uno; era abbandonato e lontano dalla costa” scrive all’inizio del suo originale Quaderno dei fari (La Nuova Frontiera - traduzione di Federica Niola), un libro a metà tra il saggio letterario e il diario di bordo della sua personale ossessione per i fari. 

Jazmina Barrera è nata e vive a Città del Messico, quindi lontana da mare, scogliere e porti, eppure il suo sguardo è sempre stato rivolto ai fari finché ha iniziato collezionarli girando per il mondo per vederli da vicino ed entrarci dentro, ben consapevole che “collezionare fari è di per sé un’utopia”. 

In Quaderno dei fari la giovane autrice svela le sue debolezze ammettendo di sentirsi spesso alla deriva. “Forse è vero che mi piacciono i fari perché sono disorientata” dichiara prima di manifestare anche uno dei suoi desideri più inconsci: “Vorrei trasformarmi in un faro: freddo, insensibile, solido, indifferente. Quando vedo i fari mi pare davvero di potermi pietrificare e godere della pace assoluta delle rocce”. 

L’interesse di Jazmina Barrera per i fari, giganti con un occhio solo, ha dunque orientato la sua vita di ricercatrice ed editor. L’ha condotta a trascorre molto del suo tempo ad esplorare mari e coste al confine tra civiltà e natura, ma al contempo l’ha portata a contatto con pagine indimenticabili che grandi autori hanno dedicato alle lighthouses, “case della luce”, da Omero a Walter Scott passando per gli Stevenson, Lawrence Durrell, Virginia Woolf fino a Edagr Allan Poe che non terminò il racconto Il faro

Jazmina Barrera offre delle tappe da percorrere e ripercorrere. Porta il lettore con sé ad ammirare i fari più amati, da quello di Cape Elizabeth, nel Maine, che Edward Hopper dipinse nel 1927, a quello di Montauk Point, a nord est di Long Island, che è stato il primo faro eretto negli Stati Uniti per volontà di George Washington dal 2012 diventato un museo, dal “piccolo faro rosso” costruito su una punta di terra detta Jeffrey's Hook, che si affaccia sul fiume Hudson, a New York, fino ai fari leggendari come quello di Alessandria, una delle sette meraviglie del mondo, distrutto dopo i terremoti del 1303 e del 1323, a quello di Godrevy Island, in Cornovaglia, che avrebbe ispirato il meraviglioso romanzo di Virginia Woolf  Al faro

“È difficile parlare degli argomenti associati ai fari: la solitudine o la follia. Noi che ci proviamo, non possiamo che accettare di essere stucchevoli” sottolinea l’autrice messicana prendendo in considerazione una trappola nella quale per fortuna lei non è caduta. La sua voce narrante è limpida, colta e mossa dal desiderio infantile del collezionare come forma di evasione, di divertimento. Il faro per Jazmina Barrera è l’opposto al pozzo. È luce. È direzione. È l’orientamento di cui ognuno ha bisogno dei momenti di smarrimento. 

Il suo narrare, infatti, non risulta stucchevole. Al contrario riesce a far nascere nel lettore il desiderio di quella solitudine pacifica che hanno cercato e provato i vecchi guardiani dei fari, naufraghi per scelta. “Che sia un uomo in fuga da un passato oscuro, o in cerca di un rifugio nella solitudine fisica da quella che si porta dentro, il guardiano del faro sceglie il proprio esilio” specifica l’autrice che, in altri tempi, sarebbe stata un’ottima guardiana. 

“A qualcuno piace guardare dentro i pozzi. A me fa venire le vertigini – scrive -. Ma con i fari smetto di pensare a me stessa. Mi allontano nello spazio e vado in luoghi remoti. Mi allontano anche nel tempo, verso un passato che so di idealizzare, in cui la solitudine era più semplice”.

Oggi i fari sono in disuso, alcuni abbandonati al lento deterioramento, altri destinati a nuove funzioni, ma ne restano le memorie e le leggende e resta questo bel testo che restituisce loro dignità, bellezza e luce.


Il Mattino - 1 agosto 2021

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