mercoledì 27 maggio 2020

Quando Gatto celebrò il coraggio partigiano

Nel giugno del 1963 Alfonso Gatto riceve due lettere nel suo appartamento a Roma, in via delle Medaglie d’oro n.143. Una è firmata da un partigiano di Bologna, Paolo Betti, l’altra dallo scrittore e giornalista di origine ebraica Guido Lopez, figlio di Sabatino, drammaturgo e critico letterario. Entrambi scrivono per chiedere notizie de La ballata del 25 aprile ascoltata su Rai1 all’interno della rubrica Almanacco di scienza, storie e varia umanità che il poeta ha curato tra febbraio e agosto 1963. 
Il testo viene proposto nella puntata del 24 aprile con l’interpretazione dell’attore Giancarlo Sbragia e rimane impresso nella memoria dei telespettatori perché esprime, con versi corali, la speranza del popolo che riconquista la libertà, “quella grande primavera / che noi vedemmo uscendo sulla via / con la falcata sempre più leggera, /correndo senza peso alla parola / dell’uomo solo che non è più sola: / Italia, patria senza monumento, / vita che vive, spazio, luce, vento”.




Dopo quella messa in onda, però, la fiduciosa ballata in 78 endecasillabi con rime baciate, sparisce dalla circolazione e viene dimenticata a differenza degli altri poemetti di Alfonso Gatto trasmessi in Almanacco che Annalisa Gimmi nel 2012 raccoglie nel libro Ballate degli anni pubblicato da Effigie. E qui entra in scena il professor Massimo Castoldi che, trasferitosi da Milano a Pavia per lavoro, comincia a frequentare il Centro Manoscritti dell’Università di Pavia nato nel 1980, dove sono custodite carte autografe, documenti e opere pittoriche di Gatto, cedute dalla seconda moglie del poeta, l’artista Graziana Pentich. Qui Castoldi, attratto dal Gatto partigiano e antifascista e dai suoi versi di impegno civile, frugando nei documenti si imbatte nelle lettere ricevute dal poeta salernitano nel 1963, si incuriosisce e si mette sulle tracce della ballata. 
“Ho trovato il testo in fogli dattiloscritti con qualche correzione a penna, si presume di Gatto, in quattro versioni – spiega Castoldi -. L’ultima reca la scritta ‘letta alla tv 1962/63’, indicata forse da Pentich nel momento dell’archiviazione e suggerisce di considerare quella come definitiva”.  
Il pensiero va subito all’altra poesia che Gatto ha dedicato nel 1946 alla Liberazione, 25 aprile, inserita nella raccolta Il capo sulla neve. Liriche della Resistenza (1947), ripubblicata nel 2012 dalla Fondazione Alfonso Gatto. In quei versi il tono è più cupo, pura espressione del suo “canto civile alto e fermo”, come ha scritto Andrea Camilleri, ancora troppo vicino a “l’oscura notte”. Quindici anni dopo, invece, il tono si distende, si può sorridere alla rinascita e vivere la libertà. 
“Gatto sapeva muoversi su tutti i registri – aggiunge Castoldi -, si vede che la ballata è pensata per la lettura orale televisiva e indirizzata al grande pubblico, ma lo rappresenta molto e ho trovato giusto riproporla. Gatto ha sempre sentito profondamente la ricorrenza del 25 aprile avendo contrastato la dittatura. Per lui ha avuto un significato personale e corale”. 
La ballata sarà pubblicata sulla Rivista di letteratura italiana e il 28 maggio riceverà il premio speciale InediTO RitrovaTO, dedicato a un'opera inedita di uno scrittore non vivente, alla 19’ edizione del Premio InediTO-Colline di Torino che quest’anno si svolge in streaming alle 18.30 dagli studi di Top-IX Consortium di Torino sulla pagina Facebook e sul sito del Premio. 

Il Mattino - 26/5/2020



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