mercoledì 12 maggio 2021

Nell’antro di Angela Carter tra fiaba e horror

La grande scrittrice canadese Margaret Atwood ha spesso sostenuto che Angela Carter “scriveva in un modo così diverso da quello degli altri, che non la si sapeva categorizzare. E immaginate, ancora oggi non lo si riesce a fare”. Ed è proprio la difficoltà di classificare i testi della scrittrice e giornalista inglese che la rende una delle autrici più originali del ventesimo secolo. I libri di Angela Carter sfuggono a ogni etichetta perché contengono e mischiano il già noto per ricomporlo. Fanno a pezzi atmosfere e storie che conosciamo per ricostruirle con una precisa finalità: smantellare le narrazioni dominanti. Anche nel secondo volume della raccolta di racconti, pubblicata da Fazi, Nell’antro dell’alchimista (traduzione di Angela Tranfo, Cristina Iuli, Barbara Lanati e Rossella Bernascone), entriamo nei suoi mondi fantastici percorsi da magia e realismo, verità e finzione, provocazione e spirito femminista.


A differenza del primo volume, la nuova pubblicazione chiama in ballo molti personaggi letterari e storici come in Venere Nera (1985) reinventa la storia di Jeanne Duval, l’affascinante e riluttante musa haitiana del poeta Baudelaire, o ne Il gabinetto del dottor Edgar Allan Poe segue lo scrittore americano percorrere “con passo vacillante il nuovo mondo” e ne Il bacio mette alla prova la moglie del condottiero Tamarlano in una Samarcanda da fiaba. 

Nella parte dedicata ai Fantasmi Americani, pubblicati nel 1993, un anno dopo la sua morte per malattia a soli 51 anni, invece, incontriamo il regista e produttore John Ford, ma anche tanti altri personaggi sospesi tra dramma e commedia come Lizzie Borden, la ragazza che nel 1892 uccise i genitori a colpi d’accetta, alla quale sono state dedicate serie tv e film, ma anche un onesto studente che fa un viaggio attraverso gli ambigui residui dell’Età dell’Oro hollywoodiana, o la Maria Maddalena del dipinto di Georges de La Tour che subisce alcune straordinarie trasformazioni. 

Angela Carter aveva trovato nel racconto la sua forma espressiva ideale, tant’è che il libro per cui viene maggiormente ricordata è La camera di sangue (1979), una raccolta di racconti in cui l’autrice inglese riscrive alcune fiabe classiche spogliandole di stereotipi patriarcali e maschilisti.

Le brevi storie di Nell’antro dell’alchimista – che includono anche alcuni racconti sparsi pubblicati tra il 1970 e il 1981 – hanno la stessa forza, la stessa scrittura corposa, barocca, gotica e lo stesso potere sovversivo dell’immaginazione che ci ricorda che “la realtà è solo una triste prigione”.


Il Mattino – 18 gennaio 2021

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