venerdì 28 febbraio 2020

Susan Sontag. Un triangolo di passione all'ombra del Vesuvio

Nell’agosto nel 1779 ci fu una delle più spaventose eruzioni del Vesuvio. Era un sabato mattina quando la montagna tremò, scagliò in aria pietre infuocate e coprì il cielo di fumo nero accecante. Ne fu testimone il diplomatico britannico William Hamilton, all’epoca a Napoli nelle vesti di ambasciatore, un uomo all’apparenza algido per il quale il Vesuvio divenne prima un’attrazione e poi un’ossessione. 
Sir Hamilton “smaniava – come ogni collezionista – dalla voglia di esibirlo” scrive Susan Sontag in L’amante del vulcano, il romanzo più noto della grande intellettuale americana uscito nel 1992, arrivato in Italia tre anni dopo tradotto per Mondadori da Paolo Dilonardo sotto la supervisione dell’autrice e ora ripubblicato da Nottetempo con una traduzione revisionata dallo stesso Dilonardo che tradurrà anche le altre opere di Sontag in uscita nel prossimo triennio. 




L’amante del vulcano è un romanzo storico basato su fatti realmente accaduti, ambientato nella Napoli del Settecento, città festosa e disperata in cui nasce la Rivoluzione che darà vita alla “Repubblica Napoletana”. Quando il libro uscì Sontag dichiarò che, ispirata dal triangolo amoroso tra sir Hamilton, la sua seconda moglie Emma, bella e popolana avventuriera, e l’ammiraglio inglese Horatio Nelson, cominciò a pensare al romanzo dopo aver scoperto a Londra alcune stampe del Vesuvio commissionate da Hamilton.
L’ambasciatore britannico passava le giornate a osservare il vulcano. “Era uno stimolo alla contemplazione” che lui paragonava alle sue collezioni. Il collezionista è “qualcuno le cui gioie non sono mai disgiunte dall’ansia. Perché c’è sempre qualcosa di piú. O qualcosa di meglio. Devi averlo perché è un passo ulteriore verso un completamento ideale della tua collezione. Ma questa completezza ideale che ogni collezionista agogna è una meta illusoria” scrive Sontag che, essendo anch’essa collezionista, ben delinea la pulsione dell’accumulatore curioso che portava il diplomatico ad acquistare preziosi oggetti d’arte, ma anche a raccogliere tufo, ossidiana, fossili, lava pietrificata, come se il gesto del collezionista fosse la chiave dell'universo. 
E’ il libro che volevo scrivere da sempre. E’ da una vita che cerco il mio stile, questa forma. A me interessa l'impegno appassionato, non l'alienazione” dichiarò Sontag per spiegare la nascita di questo romanzo popolare ricchissimo di vicende. Non si parla solo d’infedeltà, costumi sociali e arte, ma anche di torture, esecuzioni capitali, prigionie, imboscate. E sullo sfondo c’è sempre il vulcano, simbolo di imprevedibilità e di potenza esplosiva, ma anche mito. 
Vesuvio – ci racconta Sontag - era una volta un giovane che vide una ninfa bella come un diamante. Gli scalfí il cuore e l’anima: lui non riusciva a pensare ad altro. Con il respiro sempre piú ardente, le balzò addosso. La ninfa, scottata dalle sue attenzioni, si precipitò in mare e diventò l’isola oggi chiamata Capri. A quella vista Vesuvio impazzí. S’ingigantí, i suoi sospiri di fuoco si propagarono, a poco a poco diventò una montagna. E oggi, immobile come la sua amata, per sempre irraggiungibile, continua a eruttare fuoco e fa tremare Napoli”.

Il Mattino - 20/02/2020


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