martedì 31 dicembre 2019

Sheng Keyi: "Racconto Tienanmen, ma non ai cinesi"

Quando la letteratura parla con allegorie e metafore riesce a essere più incisiva. La realtà prende concretezza e rimane a lungo impressa nei lettori. Nel tentativo di misurarsi con il tabù che aleggia in Cina sulle proteste represse di Tienanmen del 1989, la scrittrice cinese Sheng Keyi, 46 anni, nata in un remoto villaggio della provincia di Hunan, ha preso questa strada e ha scritto un romanzo che riflette e anticipa l’odierno tormento di Hong Kong. 
Censurato in Cina, uscito in inglese nel 2104 e ora pubblicato in italiano da Fazi (traduzione dal cinese di Eugenia Tizzano), Fuga di morte comincia con la comparsa un enorme escremento a forma di pagoda sulla piazza di Beiping, capitale dello Stato immaginario di Dayang, evento dissacrante che fa esplodere tensioni sociali latenti e innesca un movimento di protesta guidato da intellettuali e poeti. Il protagonista è Yuan Mengliu, giovane poeta in crisi che non riesce a sopportare la violenza della rivolta e della sua aspra repressione da parte del governo e al contempo è incapace di appoggiare gli ideali rivoluzionari della sua compagna Qi Zi, leader della protesta.




Sheng Keyi, è stata coraggiosa a confrontarsi con un tema sensibile in Cina come i fatti di Tienanmen.
“E’ stata una vera sfida. Ho scritto Fuga di morte per superare me stessa, sia per la tematica delicata, sia nella costruzione narrativa e nel linguaggio. Ho fatto molta ricerca. Ho iniziato a scrivere nel 2008 e terminato nel 2011”.
Aveva 16 anni nel 1989. Cosa ricorda dei giorni di protesta?
“Ho seguito le notizie in tv e forse ho scritto quest’opera per capire la verità. L’idea della storia è nata dopo aver conosciuto alcuni intellettuali che avevano partecipato alle manifestazioni. Uno di loro mi regalò un cd. Pensavo fosse musica, invece conteneva registrazioni degli eventi di piazza. Ne restai scioccata perché per la prima volta potevo aggiungere altri dati alla versione di Pechino e avere una visione completa della Storia. Ho invidiato quegli intellettuali ma li ho anche ringraziati. Grazie a loro mi sono innamorata degli ideali della rivoluzione e, attraverso la scrittura, ho potuto vivere quei momenti e sentire quell’amore”.
Nel romanzo però emerge l’incapacità della poesia di fermare le barbarie e il suo protagonista non riesce più a scrivere. 
“La poesia è una forma di resistenza e un richiamo alla lotta ma è anche sinonimo d’introspezione. Chi è sopravvissuto all’orrore ha diritto di cercare ancora la felicità e la poesia?”. 
Per chi ha scritto Fuga di morte
“Per me, per i miei coetanei che non conoscono questa pagina di Storia e per le generazioni a noi successive”. 
Peccato che non l’abbiano ancora potuto leggere.
“Sì, ma una volta scritto un libro, non si sa che strade prende. Un bravo scrittore non deve mai smettere di scrivere, anche se non arriva al suo pubblico, perché se un’opera è ben fatta, troverà una strada per uscire. Qualcuno ha provato a portarlo in Cina da Hong Kong e Taiwan dove nel 2012 è uscito in cinese tradizionale, ma è stato bloccato alla dogana”. 
Perché ha scelto l’allegoria degli escrementi?
“In Cina le feci simboleggiano solo cose brutte. Nel romanzo rappresentano la corruzione dell’ambiente governativo”.
E’ la prima volta che un suo romanzo non esce in Cina?
“E’ già successo con un’altra storia che ha come protagonista un giornalista che usa metafore per raccontare la realtà e un Ente che ne vieta l’uso sui giornali. Il giornalista viene catturato ed educato alle parole del governo”. 
Cosa l’affascina dell’Italia?
“Ho passato ore a guardare il cielo, a bocca aperta. C’erano tanti uccelli. Li ho osservati incantata, ma poi mi sono detta: attenta, qualche escremento può caderti direttamente in bocca. Anche la bellezza può essere pericolosa”. 


Il Mattino - 29/12/2019




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