sabato 12 gennaio 2019

Lello Arena: "Miseria e nobiltà, il conflitto parte dallo scantinato"

In uno scantinato simile a una discarica dove si nascondono istinti e rifiuti e sul quale si ergono le fondamenta di un palazzo che evocano le sbarre di un carcere, si muovono i personaggi del nuovo adattamento della celebre commedia di Eduardo Scarpetta Miseria e nobiltà firmato dal regista Luciano Melchionna insieme a Lello Arena che indossa i panni di Felice Sciosciammocca
Per enfatizzare l’odierna miseria dei sentimenti e la spasmodica e diffusa fame di relazioni e affetti, lo spettacolo che ha debuttato al Teatro Eliseo a Roma il 27 dicembre (coproduzione Teatro Eliseo, Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro con Tunnel produzioni), conduce nell’oscurità e rimanda al mondo sotterraneo dei topi affamati di cibo e di vita che, una volta “travestiti da cani e gatti”, sgomiteranno per salire alla luce del sole del palazzo nobiliare. Il regista ha lavorato “asciugando e togliendo il colore nel rispetto delle ombre di Scarpetta, ombre potenti che trascinano i corpi, senza usare inutili effetti speciali per attualizzare il testo”. E gli attori lo hanno seguito nella sfida, dalla scelta dei “travestimenti” con costumi moderni, tetri e inattesi all’uso dell’italiano, solo sporcato di tanto in tanto di napoletano.    




Lello Arena, come sarà il suo Felice Sciosciammocca?
Se pensa che lo hanno interpretato Totò, Eduardo De Filippo, Vincenzo Scarpetta e che lo stesso Eduardo Scarpretta l’ha scritto per se, scatta l’unico pensiero possibile: quello della creatività. Abbiamo cercato di evitare che fosse troppo distante dal già visto, ma non potevamo prendere in prestito dal passato. E’ stato necessario inventarsi una strada nuova. 
Che strada avete preso?
Luciano si è preso la briga di fare la traduzione in italiano del testo e solo dopo di sporcarlo un po’ con il dialetto. Abbiamo puntato sul far esplodere cariche narrative. Per esempio il personaggio di Peppeniello che di solito è stato usato per far debuttare i figli d’arte perché è un ruolo piccolo, con noi si apre. E’ un personaggio straordinario che arriva in tutti gli ambienti con l’innocenza dell’infanzia. Abbiamo voluto dargli spazio e abbiamo affidato il ruolo a una donna, Veronica D’Elia, che se ne va in giro per tutta la storia. 
A lei piace l’uso del dialetto in scena?
Sì, ma il dialetto di Scarpetta è antico, lo capirebbero in pochi. Per fortuna è possibile tradurre senza travisare i suoi concetti e suoi valori e restituirli al pubblico di tutta Italia. Si capisce benissimo che siamo a Napoli. Abbiamo fatto attenzione a non fare razzismo al contrario.
La serie tv L’Amica geniale è stata girata in napoletano. L'ha seguita? 
Certo, ci ha recitato anche mia figlia Valentina. E’ la cartolaia che nella prima puntata vende il libro a Lila e Lenù.
In che modo il testo di Scarpetta diventa attuale nel vostro adattamento?
Uno dei temi di attualità evocati è la tentazione di vendersi per qualcosa che non serve veramente, una tentazione che spinge a essere altro da quello che si è. Non bisognerebbe mai arrivare a prostituirsi, ma ogni giorno sperimentiamo questa possibilità.
Quali sono state le reazioni del pubblico nelle anteprime in provincia?
Il pubblico era entusiasta. Ha trovato i momenti che si aspettava e si è visto arrivare anche altro. E’ stata una bella festa di teatro con tante sorprese. Quest’adattamento è un’opera comica per anime compatibili: sia per chi vuole la tradizione, sia per chi cerca novità. 
Di cosa ci si stupirà?
Il pubblico ci troverà in una fogna coperti da teli della spazzatura. Quando i teli verranno tolti, si scoprirà ciò che era nascosto.
Che reazioni si aspetta dal pubblico napoletano?
A Napoli sarà più dura. Miserie e nobiltà è un repertorio santificato nel tempo. E’ una consuetudine. Non sempre si accetta qualcuno che la cambia. Lo so perché l’ho già partecipato a questo spettacolo nell’adattamento di Geppy Gleijeses. Ero Pasquale e ricordo che una sera arrivò un signore nel camerino e mi disse: “Miseria e nobiltà l’hanno fatto anche al Dopolavoro delle Poste e mio cognato è stato più bravo di lei”. 

Il Mattino - 27/12/2018




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