lunedì 24 gennaio 2022

Sorelle geniali in una saga araba che ricorda Elena Ferrante

Negli Stati Uniti qualche critico letterario ha accostato Corpi celesti della scrittrice omanita Jokha Alharthi ai romanzi di Elena Ferrante per l’intreccio di vicende familiari e la copresenza di vecchi valori ed elementi di modernità in una società in rapido cambiamento dopo la scoperta del petrolio e l’inizio di un’intensa attività di produzione petrolifera. Siamo nell’Oman odierno, poco raccontato sia in letteratura, sia sui giornali, unico paese del Golfo, insieme al Bahrein, ad avere alle spalle una storia millenaria, la storia di un Impero che si estendeva fino allo Zanzibar. In un contesto di grande fermento e trasformazione, nel piccolo paese di 'Awafi si muovono le vite di tre sorelle: Mayya che si sposa per soldi, Asma che lo fa per dovere e Khawla che aspetta il ritorno dal Canada del suo amore. Ognuna sperimenta la propria strada, chi con più spregiudicatezza, chi con maggiore aderenza alle antiche tradizioni, offrendo al lettore una straordinaria gamma di possibili sensibilità femminili e, più in generale, della complessa umanità che nell’evolversi delle relazioni tra i personaggi può ricordare alcune atmosfere de L’amica geniale di Elena Ferrante.    


“Uno studioso una volta mi disse che i libri sono come le persone: alcune sono fortunate. Corpi celesti è il mio libro fortunato” ha raccontato l’autrice diventata nota in tutto il mondo proprio grazie a questo romanzo che nel 2019 ha vinto il Man Booker International Prize ed è stato il primo romanzo scritto in arabo da un'autrice omanita a conquistare il più importante premio letterario dedicato alla narrativa tradotta in inglese nel Regno Unito. “Corpi celesti” finora è stato tradotto in 21 lingue ed è appena uscito anche in Italia pubblicato da Bompiani con la traduzione dall'arabo da Giacomo Longhi e il disegno di copertina dell'artista omanita Hanan El Shahi. Sempre per Bompiani uscirà a breve anche un altro suo titolo, Narinjah (Albero di arancio amaro).

Jokha Alharthi, 43 anni, insegna letteratura araba alla Sultan Qaboos University, ateneo situato vicino alla capitale, Mascate, ma Corpi celesti lo ha scritto a Edimburgo mentre conseguiva un dottorato in poesia araba classica. Tutti i personaggi, però, sono ispirati a gente del suo paese e sono raccontati in terza persona, a eccezione di 'Abdallah, figlio di un ricco e autorevole mercante di schiavi che sposa Mayya e con la quale ha una figlia, London, che diventerà medico e sarà una donna forte ed emancipata. 'Abdallah riflette sulla sua vita mentre si trova tra le nuvole, in volo dall’Oman a Francoforte e, nel flusso dei ricordi che riguardano tutta la famiglia, emergono le sue debolezze nascoste dietro una solida corazza di apparenza e si evince quanto il sistema patriarcale ancora molto radicato nella società omanita, danneggi anche gli uomini, non soltanto le donne. Del resto, come dice un antico proverbio, “il sole non si può nascondere con una mano”.

Corpi celesti è, dunque, un “libro fortunato” che tra proverbi, saggezze beduine, lune piene, segreti, aspirazioni e vecchi valori messi in discussione parla di quattro generazioni che in una società arabo-musulmana in cui la schiavitù è stata abolita solo 1970, ridefiniscono ruoli, ribaltano esistenze e cercano uno spazio nel mondo contemporaneo. 


Il Mattino - 20 gennaio 2022

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