mercoledì 1 marzo 2017

Costruire Lego è come imparare una lingua

"The Art Of The Brick" a Roma

Osservare un bambino mentre gioca è sempre un po’ ritrovare l’infanzia dimenticata o sperare di rivivere quello che si è creduto di vivere nel tempo dei giocattoli. Nella maggior parte dei casi è un esercizio malinconico, ma può diventare anche piacevole e divertente se ci si lancia nel mondo dei giochi insieme al bambino.
L’ho visto ripetersi all’Auditorium a Roma, nella sala interattiva che chiude il percorso della mostra “The Art Of The Brick” dell’americano Nathan Sawaya (in esposizione fino al 26 marzo), in cui sono messe a disposizione dei visitatori centinaia di mattoncini Lego alla rinfusa pronti per essere assemblati.
L’invito a giocare è anche il messaggio finale della mostra stressa. Pur non essendo sponsorizzata dall’azienda Lego, l’esposizione delle opere di Sawaya è completamente dedicata all’arte di costruire con i mattoncini Lego, abilità che l’artista ha sviluppato assecondando il suo “istinto infantile” in un periodo in cui si sentiva a disagio nel suo ruolo di avvocato.
Abbandonare le catene della sua professione e tuffarsi nel gioco per ritrovare la fantasia sopita, liberare le idee e stimolare la creatività hanno condotto Nathan Sawaya verso un successo internazionale. La sua mostra, che espone opere create con più di un milione di mattoncini colorati, sta facendo il giro del mondo tanto che la CNN l’ha proclamata tra le dieci mostre da vedere una volta nella vita.
Sawaya riproduce oggetti e persone a dimensione reale, ma si diverte anche a rifare opere stranote come la “Gioconda” di Leonardo Da Vinci, “La ragazza con l’orecchino di Perla” di Vermeer, “L’Urlo” di Munch, raffigurazioni della Cappella Sistina e la “Notte Stellata: di Van Gogh, fino a installazioni imponenti come lo scheletro di T-Rex costruito con oltre 80 mila mattoncini.


L’artista prova anche a condividere un pensiero con i visitatori con ogni opera creata. Fa un elogio alla diversità (“se fossimo tutti uguali il mondo non sarebbe tanto interessante” - foto), riflette sulle maschere, sullo stress, su come “elevarci” e invita tutti a liberare la fantasia e a costruire. 
Le costruzioni Lego sono nate in Danimarca grazie alla caparbietà e all’inventiva del falegname Ole Kirk Kristiansen che fondò la sua azienda nel 1916. La produzione di mattoncini cominciò nel 1949, ma solo nel 1958 assunsero la forma che ancora oggi permette gli assemblaggi. Il nome, coniato nel 1934, deriva dall'unione delle parole danesi leg godt che significa: gioca bene.
Costruire Lego è come imparare una lingua. Quando la si impara da piccoli, non la si dimentica più. Ecco perché nella sala interattiva all’Auditorium ho visto giocare anche tanti adulti. Del resto il successo longevo dei giochi Lego, che sono un vero e proprio Sistema, sta proprio nel comune sogno di costruire, senza formule magiche, bensì con la ricerca dell’incastro o della combinazione giusta.
Con i mattoncini si possono concepire forme di ogni tipo, ma “la forma per cui è stato inventato è quella della casa, proseguimento tridimensionale del disegno appiattito sul foglio - scrive Sandra Petrignani nel suo bel “Il catalogo dei giocattoli” -. La casa solida, quadrata, dove dimora l’immagine infantile della famiglia. In queste case di Lego, rosse e verdi, con grandi finestre, giardini, tetti e comignoli, sarebbe bello abitare”.

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